Siamo aperti, Attenti al gradino
Chen Shuyu
Quello che viene comunemente definito uno spazio artistico indipendente va di fatto inteso come un’entità il cui motore è l’attività portata avanti da singoli individui o da collettivi nella più totale autonomia. Ciò che ne deriva è un collage che si nutre delle esperienze e degli interessi di tali persone, dando espressione a nuove possibilità e innescando nuovi pensieri e relazioni. Il confluire di tali differenze – rinvenibili nelle posture, nelle discipline, nel contesto culturale di appartenenza – se da un lato determina l’insorgere di un senso di insicurezza e fa affiorare delle discordanze, si fa tuttavia portatore di potenzialità di non facile lettura.
Com’è naturale, decidere circa la vita e la morte di uno spazio indipendente in Cina non spetta in via esclusiva a coloro che hanno dato origine a tale spazio, imperniandolo attorno a una specifica idea o impostando un determinato programma; i toni ideologici che spesso accompagnano il modo di intendere lo spazio nelle città cinesi esercitano da tale punto di vista una notevole influenza. Lo spazio urbano in Cina è estremamente formale in quanto a pianificazione ma marcatamente informale in quanto all’uso che ne viene fatto: gli spazi pubblici compaiono e scompaiono in modo fluido, in base alle politiche del governo – di norma rigidamente applicate -, ma anche in base agli utenti, costantemente alla ricerca di quelle lacune che permettono loro di sopravvivere. Gestire uno spazio artistico indipendente è un processo che ci porta a rapportarci con un contenitore di esperienze ed eventi appartenenti alla vita quotidiana, rivelando il pensiero e le sensazioni degli esseri umani, non solo come singoli individui, bensì anche come entità collettiva. A volte, chiudere uno spazio senza scendere a compromessi e cercare nuove vie da percorrere non è altro che un modo di opporre resistenza.